Project Description

Un Cappello Borsalino

storia di una famiglia

La storia passa attraverso il ricordo di ciò che si vede o che si è visto, una fotografia (operai davanti alla fabbrica), un manifesto (in mezzo al mare che a Buenos Aires ricorda l’Italia), un oggetto (il cappello), un articolo di giornale, un libro che nasce (in quel periodo) un intervista (la sirena..), un certificato (di nascita e di morte), un grafico (delle vendite), un operaio (che ha lavorato lì), la famiglia (che ne tramanda il ricordo) lo studioso (che analizza i fenomeni) tutti dati di una ricerca che possono essere raccolti per “comunicare” un lavoro teatrale, affinché la memoria non si perda.

Lo spettacolo nasce dalla necessità di ripercorrere la memoria di una fabbrica legata ad una famiglia e alla città e di cui oggi si trovano poche tracce: scomparsi i luoghi, scomparsi i macchinari, diventa quasi difficile ricordare che c’era una fabbrica dove oggi ha sede l’Università, nonostante che se ne sia conservata la facciata, diventa difficile ricordare che dire Borsalino significava dire cappello, diventa difficile ricordare come ha cominciato e come è finita.

Lo spettacolo segue le tracce di quella memoria, le ricompone attraverso un lavoro multimediale che, proiettato sullo schermo, permette al narratore di evocare le informazioni e le emozioni di quel periodo. Un lavoro teatrale che alle volte assume forme e linguaggi di un cantastorie d’altri tempi anche se utilizza uno schermo interattivo.

Seguendo le tappe della vita del suo fondatore, Giuseppe Borsalino (1834-1900), per certi aspetti avventurosa e pionieristica, ritroviamo l’occasione per raccontare “le relazioni”: la vita dei ragazzi dell’800, l’emigrazione, la nascita dell’industrializzazione, l’emancipazione femminile, l’alpinismo. Interrogando il web, le biografie esistenti, investigando sulle immagini o sui personaggi da lui incontrati abbiamo scoperto aspetti inediti come nel caso della guida alpina Mattia Zurbriggen nel cui diario pubblicato a Londra nel 1899 viene descritto il viaggio di Giuseppe Borsalino in Nuova Zelanda. E in questo mix non mancano i ricordi degli operai della Borsalino e un accenno a come la Borsalino ha continuato ad esistere attraverso l’opera di Teresio Borsalino e Nino Usuelli.

DI e CON

Ombretta Zaglio

REGIA di

Ombretta Zaglio, Irina Favaro

ELABORAZIONE IMMAGINI, ANIMAZIONE e SVILUPPO MULTIMEDIALE

Giorgio Battaglino, Simone Galiano, Claudio Pasero

ELABORAZIONI AUDIO a cura di

Rocco Jenco

CONSULENZA MULTIMEDIALE e CULTURALE di

Carlo Infante

DISEGNO LUCI e FONICA

Pino Montarolo

FOTO di SCENA realizzate da

Enzo Bruno

FONTI

Storia di fine ‘800, biografie, interviste, letteratura sul cappello, moda.

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VINCITORE PREMIO STREGAGATTO

2004

Questo lavoro è il risultato di una ricerca condotta su più fronti: le interviste agli operai e alla famiglia, la ricerca sul web, gli studi storici, la narrativa, i quotidiani, la biografia esistente in modo da ricostruire attraverso il racconto teatrale i fili relazionali che hanno collegato una città ad una fabbrica, un cappello al mondo, tra la metà dell’800 e i primi ‘900.

L’interesse per il materiale raccolto ci aveva posto il primo ostacolo: era impossibile inserire tutto in uno spettacolo, siamo così passati attraverso fasi intermedie iniziate nel 2000 e aperte al pubblico coinvolgendo più di 2000 spettatori e partecipanti in particolare studenti e docenti e che hanno innescato ulteriori risultati da parte delle scuole.
Nel settembre del 2000 il PROGETTO BORSALINO (*) è iniziato con le letture-concerto con il duo musicale Coscia-Trovesi in uno stimolante incontro tra musica e racconto.

Successivamente la conferenza spettacolo, in cui sono raccolte 2200 immagini e diversi filmati, una storia programmata per argomenti,cliccabili, dunque al computer, è stato possibile ordinare e raccogliere la ricerca. Le conferenze sono state rivolte alle scuole della provincia per “far conoscere” ma anche per indagare l’immaginario delle giovani generazioni su un oggetto sconosciuto “il cappello”.

Ed infine questo lavoro sullo spettacolo di cui l’anteprima è stata presentata il 12 dicembre 2001 nei locali della ex fabbrica Borsalino oggi sede dell’Università in occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico, dove si è percorsa la strada della riduzione e compressione,per ricercare l’essenzialità, attraverso un testo riscritto più e più volte che si misurava su una modalità narrativa “nuova” comprendente e la scena e le immagini.

DURATA

50 minuti.

ADATTO a

ragazzi a partire dagli 11 anni,
giovani e adulti, per tutti.

ESIGENZE
TECNICHE

per spazi teatrali e non.

SPAZIO
SCENICO

Spazio scenico 6 X 8 mt., buio.

CARICO
ELETTRICO

Kw 12.

Progetto Borsalino

La Borsalino, esempio di one company town, nell’arco di tre generazioni ha prodotto e diffuso in tutto il mondo un cappello “che stava sulla testa di tutti”
Attori, gangster, vescovi, in un epoca in cui il cappello era una necessità, un segno di distinzione, di identità.
Seguendo le tappe della vita del suo fondatore Giuseppe Borsalino, per certi aspetti avventurosa e pionieristica, ritroviamo l’occasione per raccontare “le relazioni”: la vita dei ragazzi dell’800, l’emigrazione, i primi scioperi, l’emancipazione femminile, ma soprattutto l’amicizia con la guida alpina Mattia Zurbriggen che lo ha condotto nell’ultimo suo viaggio alla conquista di una vetta: il Monte Cook e di un nuovo mercato: la Nuova Zelanda.

Della ricerca-racconto sono disponibili le 3 fasi del lavoro prodotte nel corso degli anni 2000-2001:

UN CAPPELLO BORSALINO – Spettacolo Teatrale

  • LETTURE – CONCERTO con i musicisti Gianni Coscia e Gian Luigi Trovesi
  • CONFERENZA – SPETTACOLO – racconti, immagini e filmati slides per pc
  • LABORATORIO TEATRALE – per le Scuole
COSA DICONO GLI SPETTATORI

“È stato molto bello, anche se in un certo momento mi ha fatto paura. Brava!”

Gaia, 7 anni, e Giulia, 10

“Grazie delle emozioni che mi hai regalato. Sono una mamma. Buon lavoro.”

Una mamma

“Complimenti, verrò con i miei alunni.”

Un'insegnante

“Mi è piaciuto questo teatro.”

Piergiorgio Rex, 4 anni
RECENSIONI

Lo spettacolo di Teatro del Rimbalzo “Bianca corre” dichiara dall’inizio che racconterà la storia originale dei Fratelli Grimm e non quella addolcita di Walt Disney. Ombretta Zaglio ( accompagnata dalla musica dal vivo di Luigina Ganau che avrebbe bisogno di maggiore visibilità), è unica interprete e ci introduce nel bosco insidioso della fiaba circolando muta tra il pubblico in platea, coperta da una mantella nera, con una maschera tanto bella quanto inquietante, distribuendo mele rosse dal suo cesto. La caratteristica di questa Biancaneve è prima di tutto cromatica: tutto è giocato sui tre colori base della storia: rosso (come il sangue), nero (come l’ebano), bianco (come la neve), costumi e oggetti sono di questi tre colori e creano una scena che ci fa concentrare sugli elementi simbolo: la mela, il pettine avvelenato, il nastro luccicante, ciò che sedurrà Biancaneve mettendo a rischio la sua vita. La versione Grimm permette di evidenziare la profondità dei concetti cardine: invidia, tradimento, sopravvalutazione della bellezza, abbandono. Il testo dello spettacolo propende per le spiegazioni psicanalitiche dei comportamenti di Biancaneve e della matrigna: l’una che non sa tenere chiusa la porta alle minacce a causa della noia e l’altra che che combatte senza scrupoli per mantenere il primato della bellezza, ciò che ha ottenuto con tanti sacrifici e che invece la protagonista ha in dono dalla natura. La bellezza è buona ma la bontà è noiosa? Il testo dello spettacolo guadagnerebbe in efficacia e in coerenza se ripulito da un paio di inserimenti, che appaiono posticci, di spiritosaggini un po’ facili stonate rispetto al resto. Il Teatro del Rimbalzo di Ombretta Zaglio ci offre uno spettacolo curato, pensato, raffinato, che merita senz’altro una menzione (anche se non ne ha ottenute in campo ufficiale) nel panorama teatrale visto a Torino.

Elena Scolari - rivista Eolo

L’alessandrino Teatro del Rimbalzo si è confrontato con i Fratelli Grimm per Bianca Corre recitata da Ombretta Zaglio, con la regia di Irina Favaro e la collaborazione di Adriana Zamboni; un lavoro che come è d’uso del Rimbalzo, ha uno sviluppo multimediale (di Andrea Romano), intrecciando elementi basilari, quali foglie, mele, scarpe, berretti, abiti, ad accorgimenti tecnici. La fiaba è poco edulcorata, è crudele ma toccante, Zaglio si moltiplica bene nella miriade di personaggi con l’aiuto di qualche maschera, qui si percepisce una cura certosina per i particolari ed una volontà di far girare una vecchia storia in versione arcaica.

Sistema Teatro Torino

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